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Nono Pannello
Paolo scrive dal carcere.


 

 

Ricordati che Gesù Cristo,
della stirpe di Davide, è risuscitato dai morti,
secondo il mio vangelo, a causa della quale
io soffro fino a portare le catene
come un malfattore;
ma la parola di Dio non è incatenata!


2 Tim. 2, 8-9

Essendosi appellato a Cesare, cioè all'Imperatore, Paolo è scortato dai soldati fino a Roma, come prigioniero, con molte peripezie, dope il naufragio della nave a Malta. A Roma, essendo "cittadino romano", ha una certa libertà di agire, i cristiani di Roma gli procurane una casa dove vive agli arresti domiciliari in attesa del processo, che non verrà mai fatto perchè gli accusatori giudei non si presenteranno.
Nella sua casa, guardato a vista da un soldato, egli può ricevere i fedeli cristiani e parlare con loro, comincia a scrivere le ultime sue lettere, quelle dette "pastorali" ai suoi due figli spirituali: Tito e Timoteo. Libero dalle accuse, con tutta probabilità, Paolo affronta il viaggio in Spagna, verso gli anni 62-63. Di ritorno continua la sua predicazione e probabilmente fa visita ad alcune comunità da lui fondate in Asia minore. Rientrando a Roma verso l'anno 65-66 si trova nel vertice della persecuzione dell'imperatore Nerone e viene incarcerato come cristiano. Dal carcere scrive la seconda lettera al discepolo Timoteo, che possiamo definirla il testamento di Paolo.
Egli raccomanda a Timoteo di custodire il deposito della fede che lui gli ha trasmesso. Possiamo ascoltare il brano riportato nel pannello, dove ricorda in sintesi il messaggio cristiano: "Gesù Cristo, della stirpe di Davide e risuscitato dai morti, secondo il mio vangelo". Per amore di questo vangelo egli ora si trova in catene ma la parola di Dio non potrà mai essere incatenata, imbrigliata, perchè ci saranno sempre dei cristiani che la porteranno fine ai confini del mondo.


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